ROMA – Fotocopiare il permesso di parcheggio riservato agli invalidi concesso a un parente ed esporlo sul cruscotto della propria auto integra un comportamento tale da configurare il reato di falsità materiale commessa dal privato in autorizzazioni amministrative.
Proprio per tale reato un uomo, colpevole di aver riprodotto il pass rilasciato alla madre, è stato infatti di recente condannato in via definitiva con la sentenza numero 32366/2018 della Corte di cassazione qui sotto allegata.
In base all’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, affinché si configuri il reato è necessario che il documento esposto sul proprio cruscotto “abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale, non presentandosi come mera riproduzione fotostatica”.
La vicenda
Nel caso di specie, nel corso del giudizio di merito era emerso che l’imputato aveva esposto sul cruscotto della propria auto una riproduzione plastificata e a colori del pass originale rilasciato alla madre e non una semplice fotocopia.
Si è quindi in presenza di tutti gli elementi necessari perché possa dirsi configurato il reato di falsità materiale commessa dal privato in autorizzazioni amministrative, contestato all’imputato e per il quale gli era già stata inflitta una condanna in sede di merito.
A confutarla non è valso nemmeno il tentativo dell’uomo di far rilevare che, in realtà, i giudici del merito non avevano adeguatamente considerato le dichiarazioni del testimone di polizia giudiziaria che, nel corso del dibattimento, aveva riferito che il permesso era palesemente contraffatto. Nella sentenza impugnata si afferma infatti chiaramente, con riferimento al pass contraffatto, che “la qualità decettiva è ictu oculi verificabile”.
fonte: studiocataldi.it