A proposito dell’utilizzo dei dispositivi portabici e targa ripetitrice, quali sono le conseguenze amministrative, civili e penali per eventuali violazioni?
Le biciclette possono essere trasportate sul tetto o sul retro dell’automobile o autocaravan con dispositivi omologati e che rispettino determinati limiti di sagoma e di portata, a patto che non venga compromessa la visibilità del conducente e della targa, e che i dispositivi di illuminazione siano ben visibili.
Si può ritenere che l’utilizzo dei portabici per auto siano equiparati ai portapacchi, così come i portasci. Sono considerati accessori leggeri e amovibili, che non modificano in modo significativo la massa a vuoto del veicolo. Non costituiscono, dunque, modifica della carrozzeria e della meccanica dell’automobile e quindi non è necessario effettuare alcuna variazione nella carta di circolazione.
Il decreto del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (allora MIT) del 30 dicembre 2019 ha determinato le caratteristiche e le modalità di installazione delle strutture portasci, portabiciclette o portabagagli, applicate a sbalzo posteriormente o, per le sole strutture portabiciclette, anche anteriormente, sugli autobus da noleggio, di gran turismo e di linea, di categoria M2 ed M3. Per i veicoli M1 non sono stati emanati decreti o specifiche direttive, ma solo alcune circolari tra le quali quelle sopra citate.
Mentre il ministero si era già espresso in senso negativo quanto alla targa ripetitrice per i veicoli M1 nel caso di installazione di portabiciclette, il decreto, per i veicoli M2 e M3, ha espressamente previsto che “in caso di ostruzione anche parziale della targa, al fine di consentire l’utilizzo della struttura portabiciclette, si dispone l’impiego della targa ripetitrice di cui all’art. 100 del Codice della strada con le modalità previste per il carrello appendice”. Ha disposto, inoltre, che “la struttura posteriore e il relativo carico, se non è necessario ripetere la targa posteriore e le luci, sono da ritenersi assimilate al carico sporgente e, pertanto, dovranno essere indicate con apposito segnale di cui all’art. 164 comma 6 del Codice della strada e all’articolo 361 del Regolamento di esecuzione”. Quindi, appare chiaro che tale indicazione valga anche per i veicoli M1 e che, una volta caricate le biciclette, si debba rispettare il disposto dell’articolo 164, anche relativamente al comma 6, in quanto carico sporgente oltre la sagoma del veicolo.
Secondo le indicazioni del ministero, l’installazione dei dispositivi in esame sui veicoli classificati M1 è ritenuta non soggetta ad alcune formalità in quanto tali strutture, una volta installate, si devono intendere come facenti parte del veicolo stesso e non come un carico. In tal senso, non si ritiene applicabile l’articolo 164 se la struttura non è stata caricata, fermo restando il principio generale dell’articolo 140 del Codice della strada, la cui inosservanza, anche senza che siano applicabili sanzioni amministrative, è sufficiente a radicare la responsabilità penale e civile in caso di danni ascrivibili imprudenza e negligenza (se tali condizioni si ravvisano nell’aver circolato con la struttura aperta e non segnalata, ancorché in assenza di una specifica disposizione).
Una semplice somma algebrica
Tali conclusioni si possono adottare anche per il gancio di traino amovibile, la cui rimozione nel caso di inutilizzo non è prevista da norme positive e, anche ove fosse prevista come prescrizione riportata sulla carta di circolazione, la sua inosservanza non darebbe luogo a una specifica sanzione, salvo che la rimozione sia preordinata a evitare il parziale occultamento della targa, situazione nella quale troverebbe applicazione l’articolo 102, comma 7.
Sulle modalità di carico si precisa che questo può sporgere posteriormente fino ai 3/10 della lunghezza del veicolo stesso. Se, ad esempio, una autovettura è lunga 3,6 metri, macchina e sporgenza del carico devono avere una lunghezza totale di 4,68 metri, ovvero la parte sporgente del carico non deve superare 1,08 metri.
Per quanto concerne la larghezza, la bicicletta può sporgere al massimo di 30 cm per lato, misurando dalle luci di posizione anteriori o posteriori, ma deve essere sempre garantita la visibilità delle medesime luci. Quindi se, ad esempio, l’autovettura è larga 180 cm, la larghezza massima è di 180+30+30 = 240 cm.
Nel caso in cui un portabici sia stato montato sul tetto, si ricorda che l’altezza massima consentita dal Codice della strada per qualsiasi autoveicolo è di 4 metri senza possibilità di alcuna tolleranza.
Qualora non siano rispettate tali disposizioni, il responsabile va a incorrere nella sanzione di cui all’art. 61 del Codice della strada per superamento dei limiti di sagoma.
Portabici senza… bici
È consentito circolare con il portabici non caricato in quanto non esistono disposizioni normative o ministeriali che lo impediscano. Non esistendo direttive del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e della Direzione generale per la motorizzazione, dovrebbe valere la prassi che consente la circolazione con il portabici montato, ancorché non utilizzato.
La circolare Prot. n. 1906/4120 del 6 maggio 1999, già citata, ha ribadito che portabiciclette e portasci, trattandosi di accessori leggeri e amovibili, possono essere applicati sulle autovetture e autocaravan senza incorrere nella violazione dell’articolo 78 del Codice della strada e pertanto – come già evidenziato – non è necessario procedere alla loro annotazione sulla carta di circolazione del veicolo.
Non è ammessa, ovviamente, la copertura della targa. Trattandosi pur sempre di sistemazione del carico, deve avvenire nel rispetto dell’articolo 164, nella parte in cui prescrive che il carico dei veicoli deve essere sistemato in modo“da evitare la caduta o la dispersione dello stesso; da non diminuire la visibilità al conducente né impedirgli la libertà dei movimenti nella guida; da non compromettere la stabilità del veicolo; da non mascherare dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva né le targhe di riconoscimento e i segnali fatti col braccio”.
Sullo stesso piano interpretativo si era posto il ministero nella circolare del 1998 già citata, disponendo che incombe sul conducente la corretta sistemazione del carico, ai sensi dell’art. 164 del Codice della strada. In particolare, raccomanda l’esigenza di assicurare la completa visibilità dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva, e della targa. La targa ripetitrice è, invece, ammessa nel caso di agganciamento di rimorchi, compresi i carrelli appendice.
La maggior parte dei modelli commercializzati in Italia è realizzata in modo da non occultare le targhe e i dispositivi di illuminazione dei veicoli. Ne esistono, tuttavia, alcuni che non rispettano la disposizione. Per questo le case costruttrici vendono strutture per la collocazione della targa, con luci supplementari che, a parere di chi scrive, non sono utilizzabili in Italia, almeno secondo le norme vigenti e salvo un diverso indirizzo ministeriale. Si conferma, pertanto, quanto riportato dall’art. 100 comma 4 del Codice della strada, che prevede la possibilità di utilizzare la targa ripetitrice “esclusivamente nel caso di carrelli appendice”, anche se parte della dottrina sostiene che se le strutture portabici hanno avuto l’omologazione del “vano targa”, sia possibile staccare la targa dal veicolo per collocarla in tale “vano” per consentire la visibilità della stessa.
Tale ultima ipotesi lascia, comunque, alquanto perplessi circa la fattibilità e la legittimità operativa.
Quindi, secondo le indicazioni ministeriali, i portabiciclette sono consentiti e di conseguenza pare ovvio che il trasporto dei velocipedi su tali strutture sia da ritenersi consentito, in deroga all’articolo 164 del Codice della strada circa le sporgenze che, si ricorda, sarebbero consentite solo per cose indivisibili, mentre è evidente che un carico di più biciclette costituisca carico divisibile.
Luci e targa ben visibili
Oltre al rispetto delle prescrizioni sulla sistemazione del carico di cui all’articolo 164 del Codice della strada (vedi box “Corretta installazione), il conducente del veicolo dovrà assicurare la completa visibilità dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva, nonché della targa. La superficie esterna delle strutture non deve presentare parti orientate verso l’esterno suscettibili di agganciare pedoni, ciclisti o motociclisti (si veda la circolare del ministero dei Trasporti e della navigazione prot. n. 2522/4332 sopra citata). Il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti con nota prot. n. 5887 – 5990 DIV 3 B del 3 marzo 2016 ha precisato: “In merito a quanto rappresentato circa l’installazione di portabiciclette a sbalzo si conferma che tale operazione è consentita nel rispetto delle circolari ministeriali del 21 novembre 1998 e del 6 maggio 1999. In particolare, devono essere soddisfatte le condizioni di una corretta installazione delle strutture di sostegno della bicicletta e il mantenimento della visibilità dei dispositivi di illuminazione e segnalazione visiva a luce propria e riflessa nonché la visibilità della targa. Si conferma, altresì, quanto riportato dall’art. 100 comma 4 del Codice della strada che prevede la possibilità di utilizzare la targa ripetitrice esclusivamente nel caso di carrelli appendice”.
Quali sanzioni
Da un punto di vista amministrativo la violazione di una qualsiasi delle prescrizioni comporta una sanzione amministrativa nella forbice di un minimo di 85 euro a un massimo di 338 euro, nonché il ritiro immediato della carta di circolazione e della patente di guida che deve essere annotata nel verbale di contestazione (art. 164 del Codice della strada). Se il carico può essere sistemato al momento, l’accertatore provvede alla restituzione dei documenti, annotando il tutto sul verbale di contestazione. Se, invece, dovesse essere necessario spostare il veicolo per provvedere alla sistemazione del carico, il conducente deve richiedere la restituzione dei documenti ritirati al Comando da cui dipende l’organo accertatore. Come conseguenza della violazione delle prescrizioni relative alla sistemazione dei carichi sporgenti è, inoltre, prevista la decurtazione di 3 punti dalla patente di guida. Qualora la struttura apposta non rendesse visibile la targa del veicolo, troverebbero applicazione anche la sanzione prevista dall’art. 100 del Codice della strada.
Danni in materia civile
Dal punto di vista civilistico in materia di danno derivante dalla perdita del carico o di accessori da un veicolo nell’ambito della circolazione stradale, va precisato come l’orientamento giurisprudenziale maggioritario si è mostrato incline a riconoscere, a carico di un soggetto, la risarcibilità del danno stesso (essenzialmente) ai sensi dell’art. 2043 in combinato all’art. 2053 del Codice civile, ove dipeso anche da un “pericolo occulto” (insidia o trabocchetto). Per molti anni l’orientamento predominante della giurisprudenza è rimasto ancorato ai concetti di “insidia e trabocchetto” in rapporto all’art. 2043 del Codice civile, quale figura sintomatica dell’attività colposa, ricorrente in presenza di due presupposti congiunti: l’elemento oggettivo della non visibilità del pericolo e l’elemento soggettivo della non prevedibilità dello stesso, secondo le regole della comune diligenza. Pertanto, appare evidente come la perdita improvvisa o non di un portabiciclette, della bicicletta o di entrambi sulla strada, possano creare una situazione di “insidia” per la circolazione e determinare un evento incidentale con un “nesso eziologico” diretto tra la causa e l’incidente stesso, con eventuale obbligo di risarcimento a carico del responsabile. Ad esempio, a seguito della perdita su strada del portabiciclette un’autovettura sbanda e finisce fuori strada, con danni alla medesima e al conducente.
Se la responsabilità è penale
Passando dal punto di vista civilistico a quello penalistico, se rapportiamo la condizione suesposta con quanto espressamente previsto anche dalla legge n. 41/2016 – che ha stabilito con l’art. 589 bis in materia di “omicidio stradale” che “chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da due a sette anni” – può essere interessante far notare come la formula “violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”, fatta propria dalla predetta disposizione codicistica, sia altresì presente nell’art. 590-bis c.p. relativamente al reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime: “Chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime”. Ovviamente ai fini del riconoscimento di una eventuale responsabilità penale deve sussistere la medesima condizione di “nesso eziologico” tra la perdita del carico e il sinistro stradale richiamata precedentemente per la responsabilità civile.