REGGIO CALABRIA – Due agenti della polizia locale sono stati arrestati e posti ai domiciliari, mentre altri sette sono stati sospesi per un anno dall’esercizio del pubblico ufficio. Inoltre è stata sequestrata preventivamente una depositeria giudiziaria autorizzata, iscritta all’Albo Prefettizio. Gli indagati sono accusati di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e anche di violenza privata.
Le indagini, eseguite Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e coordinate dalla Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Dott. Giovanni Bombardieri, sono partite dalla denuncia presentata, ad ottobre dello scorso anno, da un cittadino extra–comunitario, venditore ambulante con regolare licenza, il quale aveva riferito ai militari di aver subìto un furto della merce che esponeva in vendita, da parte di due soggetti, risultati poi essere due agenti di Polizia Locale A.M. di 43 anni e C.G. di 46 anni.
Le prime attività investigative, tramite l’acquisizione e l’analisi di video- registrazioni, hanno accertato la veridicità di quanto dichiarato dall’ambulante. È emerso che il venditore era vittima di un’ingiustificata appropriazione della merce esposta da parte di due pubblici ufficiali, nonostante l’esibizione della regolare licenza.
Da un successivo sviluppo delle indagini, condotte dai militari delle Fiamme Gialle, eseguite sotto il coordinamento del Procuratore Aggiunto Dott. Gerardo Dominicani e del Sostituto Procuratore della Repubblica Dott.ssa Alessia Giorgianni, è affiorato che altri agenti della Polizia Locale di Reggio Calabria (F.D. C.V., S.C., C.M., F.U.F., M.G. e C.P.)sottraessero sistematicamente, nel corso degli ordinari servizi al contrasto dell’abusivismo commerciale, la merce esposta per la vendita da ambulanti extra-comunitari, senza compilare i verbali di sequestro amministrativo o di altri atti, ma pubblicando successivamente, sull’Albo Pretorio del Comune, verbali fittizi di rinvenimento di merce redatti nei confronti di soggetti ignoti.
Secondo gli inquirenti, i due agenti arrestati avrebbero anche messo in piedi un’ organizzazione finalizzata alla ricerca di veicoli da rottamare, acquisire o cannibalizzare, insieme a tre soggetti ai quali sono riconducibili due imprese operanti nel settore del soccorso e della rimozione di veicoli. Tra queste vi è una depositeria giudiziaria autorizzata con l’intento di trarne dei guadagni illeciti.
I due vigili, dopo aver trovato veicoli sprovvisti della necessaria copertura assicurativa, invece di procedere alla contestazione delle violazioni del caso o alle operazioni di sequestro amministrativo, convincevano i proprietari dei mezzi ad affidarli ai rappresentanti di una delle due imprese, a turno, dietro la minaccia dell’irrogazione di salate sanzioni pecuniarie e a fronte della mancata contestazione delle violazioni. Questi ultimi, in accordo con i due agenti, dietro il pagamento di un corrispettivo in contanti, procedevano alle operazioni di rimozione e di rottamazione.
Da queste operazioni le due imprese traevano grandi vantaggi. Ad esempio una operava nelle vesti di incaricati di pubblico servizio, praticando prezzi di gran lunga superiori a quelli previsti dalla convenzione con il Comune, omettendo, di versare la percentuale dei guadagni a titolo di canone concessorio. L’altra era riconducibile a un soggetto definitivamente condannato per associazione mafiosa.
Spesso gli agenti avvisavano i referenti delle imprese di rimozione, indicandogli tempestivamente il luogo delle operazioni, in modo che al momento della loro attivazione, gli stessi potessero repentinamente giungervi. Tale meccanismo, difatti, costringeva le ignare vittime a versare la somma prevista per il “diritto di chiamata”, la quale è dovuta anche se la rimozione non viene eseguita purché il carroattrezzi giunga entro venti minuti dalla chiamata.
Dalle indagini è emerso che in più occasioni, gli indagati esaminavano il valore di mercato di determinate macchine, individuate nel corso dei loro interventi, a loro volta domandavano ai complici delle imprese di rimozione se i mezzi fossero di loro gradimento, in modo da procedere al sequestro amministrativo o meno. Talvolta l’interesse era orientato verso le singole componenti, alimentando un vero e proprio business sui pezzi di ricambio. Alcuni veicoli venivano cannibalizzati, con asportazione, presso officine “di fiducia” degli indagati.
Al provvedimento cautelare in parola è stata data esecuzione, in data odierna, alle fiamme gialle di effettuare le perquisizioni presso i luoghi rientranti nella disponibilità degli indagati.